Gli Hotspots o “punti caldi” di biodiversità sono aree geograficheindividuate come prioritarie per la conservazione di biodiversità. Sono trentaquattro luoghi distribuiti in varie parti del globo e, pur rappresentando solo il 2,3% delle terre emerse, gli hotspots costituiscono l’habitat residuo del 50% delle specie di piante vascolari e del 42% delle specie di vertebrati conosciuti.

Per essere qualificato come hotspot un luogo deve possedere specie endemiche (che non possono essere trovate in nessun altro luogo del pianeta) e non deve aver subito perdite per almeno il 70% dell’habitat originario.

Ad oggi solo una minima parte della superficie originaria degli hotspots cade in aree protette, come Parchi e riserve. Molte di esse sono già pesantemente compromesse ed hanno perso gran parte della loro estensione originale.

Alcuni ambienti nel mondo sono particolarmente ricchi di biodiversità: ad esempio le foreste tropicali, le barriere coralline e le zone umide ospitano oltre la metà delle specie viventi del pianeta, anche se ricoprono meno del 10% della superficie terrestre.

A livello mondiale, per conservare la Biodiversità, l’accordo internazionale più importante è stato la Dichiarazione di Rio del 1992, dove sono statisanciti i principi fondamentali per uno sviluppo sostenibile, vale a dire uno sviluppo che deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente ed alla vita delle generazioni presenti e future.

Nello stesso anno in Europa è stato varato un programma che segue le direttive della Dichiarazione di Rio, che si chiama Direttiva Habitat. Tale direttiva ha delineato la strategia europea per la conservazione della biodiversità mediante la costituzione della Rete Natura 2000, un insieme coordinato di aree che cerca di superare l’isolamento delle diverse aree protette.

Rete Natura 2000 si divide in altre piccole reti locali tra cui la REM (Rete Ecologica Marchigiana) che rappresenta uno strumento di analisi, interpretazione e gestione della realtà ecologica regionale completo e avanzato, da mettere a disposizione dei vari livelli di programmazione e pianificazione del territorio, al fine di contribuire concretamente alla conservazione della biodiversità.

Il Fosso Piccitù potrebbe diventare un nodo della REM, come collegamento tra l’Oasi di Ripa Bianca e altre zone interne alla Regione; avrebbe la funzione di corridoio ecologico permettendo lo spostamento della fauna e lo scambio genetico tra le specie vegetali presenti.

Cos’è un corridoio ecologico?

Il paesaggio è costituito da un mosaico di ecosistemi che possono essere connessi o frammentati. In frammenti isolati di piccole dimensioni cresce la probabilità di un’estinzione della popolazione di una certa specie. Per ovviare al problema della frammentazione degli habitat e al rischio di estinzione di una specie, è quindi importante preservare la connettività tra i vari frammenti, cioè la possibilità per le specie di disperdersi e muoversi da un frammento ad un altro.

L’area di collegamento ecologico funzionale è un’area che, per la sua struttura lineare e continua o per il suo ruolo di collegamento, è essenziale per la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche.

Questa qui sotto è un’ immagine che mostra i piccoli hotspots delle Marche e il nostro intento a riguardo del fosso Piccitù è quello di valorizzare un’area che contribuisca a far comunicare gli spazi verdi di Jesi tra loro.

Speriamo che questi nostri futuri interventi riescano a sensibilizzare tutti gli istituti scolastici italiani e non solo, in modo da migliorare la rete ecologica nazionale e internazionale.

Michele Argentati-Tiziano Bozzi, classe 3A

Fonti: www.fondazionesystemanaturae.org ; www.ecologiaambiente.com;

presentazione Power Point della Prof.ssa Paola Filipponi